I riti
Data:
Giugno 23, 2021
Gli anni della Riforma Fondiaria, e della ri-fondazione di Policoro come città “moderna”, coincidono con la più importante, e forse ineguagliata, stagione di ricerca etnografica, antropologica, etno-musicologica nella storia italiana. I Paesi di provenienza dei coloni, quelli circonvicini come Montalbano Jonico, Ferrandina, Valsinni, Bernalda, Pisticci, Colobraro, Grottole, e quelli più distanti come Avigliano o Tricarico, dal 1950 al 1956 circa furono meta di campagne di ricerca e di studio sistematico sul campo, tra cui quelle condotte da Ernesto De Martino e Diego Carpitella, che scelsero la Lucania degli anni ’50 per la presenza di un patrimonio di riti, tradizioni e credenze ancora vivo. Il grande movimento di migrazione interna originatosi in direzione di Policoro portò nella città, insieme ai coloni, usi e consuetudini dei Comuni e delle Regioni di provenienza, che in taluni casi perdurarono a lungo nelle famiglie, in altri furono progressivamente mutati e/o abbandonati, in un mosaico e secondo articolazioni oggi non facili da ri-costruire per la mancanza di studi specifici.
Tra i rituali più conosciuti quelli legati alla vita quotidiana e alle sue vicissitudini, come l’affàscino, forse il più diffuso e praticato in molte famiglie, e quelli legati al ciclo della vita ed alle sue fasi, dall’infanzia, al matrimonio, alla morte.
Con il nome di affàscino si designava sia una condizione psico-fisica di inibizione e impedimento, sia il rituale per guarirne o etno-metodo di cura, ad opera delle persone comuni o di operatori magici specializzati, variamente denominati nei vari Paesi. Spossatezza, cefalgia, sonnolenza, indebolimento, ma anche ansia, ipocondria, e malanni più o meno comuni, potevano essere attribuite a volontà ostili, malocchio, invidia altrui, anche non intenzionale. Ogni Paese conservava pratiche e formule locali di “guarigione” dall’affàscino e dalla fattura; particolari cautele e protezioni circondavano gli esseri più vulnerabili, come i bambini o le donne incinte, o quelli da cui dipendeva il benessere delle famiglie, come gli animali d’allevamento e da lavoro. Tra i rituali legati al ciclo della vita, vasta eco scientifica, letteraria e cinematografica ebbe la pratica rituale del lamento funebre, attestato nelle campagne di ricerca antropologica ed etno-musicologica del 1950-56 nella quasi totalità dei Paesi di provenienza dei coloni. Si ricorda la presenza a Policoro di donne specializzate nella pratica del pianto e delle lamentazioni rituali, giunte da Paesi vicini come Pisticci o da zone extra-regionali come il Salento.
Scarse notizie abbiamo invece di pratiche rituali più strettamente legate all’agricoltura, seppure documentate nei Paesi di provenienza dei coloni, come la capacità, ad opera di individui specializzati, di poter influenzare le condizioni metereologiche e di bloccare le tempeste, o le danze rituali col falcetto legate al ciclo della mietitura. La modernizzazione e la razionalizzazione delle pratiche agricole hanno probabilmente determinato una più rapida scomparsa delle tecniche magiche e delle pratiche rituali legate al lavoro nei campi.
Fonti e link di collegamento/approfondimento:
http://www.archiviosonoro.org/archivio-sonoro/archivio-sonoro-basilicata.html
http://www.teche.rai.it/1984/03/magia-lucana-un-documentario-di-luigi-di-gianni/
http://www.archiviosonoro.org/archivio-sonoro/archivio-sonoro-basilicata.html
http://www.teche.rai.it/1984/03/magia-lucana-un-documentario-di-luigi-di-gianni/