Processo storico, economico, politico, urbanistico, sociale, ma anche epopea, dalle conseguenze di lunga durata e dagli esiti ancora dibattuti tra gli studiosi: con il nome di “Riforma fondiaria” o “Riforma Agraria” ci si riferisce al più imponente intervento compiuto dall’Italia Repubblicana, da poco uscita dalla Seconda guerra mondiale, nel Sud Italia. Le leggi di riforma, le cosiddette “Legge Sila” del 12 Maggio 1950 e “Legge Stralcio” del 21 Ottobre 1950, traevano ispirazione dall’art. 44 della Costituzione, che affermava la volontà della Repubblica di produrre, insieme ad un razionale sfruttamento del suolo e alla bonifica delle terre del Centro-Sud, rapporti sociali più equi.
Nata dall’obiettivo di frantumare il feudo, la concentrazione delle terre nelle mani di pochi proprietari, spesso distanti e poco interessati ai loro “tenimenti”, e re-distribuire la terra a braccianti e contadini, protagonisti attivi di una ineguagliata stagione di lotte per il possesso della terra, la Riforma è stata non solo un intervento profondo di ri-orientamento dell’economia e delle produzioni agricole, ma anche di costruzione delle infrastrutture sino ad allora assenti, talora le prime ad essere realizzate nel Mezzogiorno, la fondazione di vere e proprie comunità-città, e dunque la progettazione di nuovi modi del vivere civile insieme a nuovi centri urbani, e infine un cambiamento non solo nella vita quotidiana degli abitanti delle zone interessate, ma anche nei rapporti sociali, che ruppe consuetudini di servaggio secolari.